Neil Young, con una sola nota

Ci son artisti nei quali mi vorrei specchiare.
Neil Young ne é l’esempio per eccelenza.
Forse anche prima di Francis Bacon.

Non importa che sia musica: per me musica, arte, scrittura, cinema son sempre andati alla pari. Come parti diverse di un grande organismo che cammina verso una meta comune.
Io non potrei viverne senza tanto che non riesco a comprendere come possano molte persone farlo.
O forse sí, potrei.
Potrei vivere di piccole cose, piccole mete e piccole gioie. Chissá, forse sarebbe piú semplice.
Ma l’Arte é cosí: apre i nostri cuori e le nostre menti a quell’universo di desiderio, passione, pensiero, grandezza e necessitá di senso che rendono la vita drammaticamente interessante.
Che ci fan soffrire e ce ne amplificano i contenuti, ne allargano gli orizzonti.

E ci son artisti come Neil Young che hanno la forza tellurgica della creazione e della trasmissione di energia. Una forza che sembra nascere dalle viscere e dallo stomaco. Che rende il loro lavoro cosí solido da non poter girare la testa altrove.

Neil Young ha avuto una produzione sconfinata, una capacitá creativa senza limiti. Una ricerca cosí intensa ed onesta che l’ha portato a far di tutto. Canzoni da dimenticare e capolavori, album da cancellare dalla playlist ed altri da portare sempre con se.

Io amo gli errori, amo le incongruenze. Adoro l’incoerenza.
Mi sembrano i segni evidenti di una ricerca seria, condotta a tentoni nei meandri della vita. E la vita non é mai luminosa e lineare.
Mettersi in gioco significa poter cambiare opinione.
Non credo nella strada dritta, la vita non é mai cosí banale. Quando appare cosí é solo perché alla ricerca si é sostituito un ideale ottuso che non vede nient’altro che la propria immagine riflessa.

La linearitá mi infastidisce: é fredda, moralista e moralizzatrice, priva di empatia con l’universo, dogmatica e dittatrice. La linearitá non ha colpi di testa. Ne alti ne bassi.
Per me é il contrario dell’essere umano. Ed é l’esatto opposto di ció che cerco nell’arte.

A volte quando ascolto gli assoli strazianti di “Cortez the Killer”, o la monumentale “Rockin’ in the free world” ho la certezza che la vita vada vissuta con quell’intenzione di conferire ad ogni attimo veritá ed eternitá.

Ci sono assoli di chitarra eseguiti con la vecchia Gibson Old Black (uno strumento nato male e che l’artista ha continuato a modificare per non so piú quanti anni) che gridano al cielo uno struggimento feroce e che solo il cielo piú lasciare vibrare.
A volte son solo note singole, semplici, monocorda suonate piú volte a ripetizione. Che ti entrano nella testa e nel cuore divorandoli; che ti portano a bramare qualcosa che di immenso.
Basta una sola nota.
Ed ogni ogni tocco sembra rispondere ad una necessitá primitiva. Ed ogni tocco sembra rimanere fissato per l’eternitá.

Il suono arriva in un corpo compatto, unitario dove le dissonanze e i riverberi costruiscono una dimensione della musica che ribalta ogni tipo di prospettiva preconcetta su cosa la musica debba essere.

La semplicitá arriva con una forza tale da renderla sorprendente, nuova.
La seplicitá é la forza dei grandi artisti. L’ho sempre pensato. Chi deve dire qualcosa lo fa con semplicitá.
Il complicato e l’elaborato coprono troppo spesso una mancanza di contenuti.
Mi vengono in mente gli ultimi lavori di Bjork o certi cuochi che creano piatti visivamente meravigliosi, ma dove l’etereogenitá degli ingredienti non lascia piú distinguere e gustare alcun sapore.

Quello che amo di Neil Young é la capacitá di essere stato libero. Libero di fare, di cambiare e di essere se stesso fino in fondo.

Ed anche se nel suo viso si leggono i segni indelebili di un passato duro, immagino che ora la sua vita nel Ranch di Broken Arrow non sia poi cosí male.

Poi penso a Justin Bieber e ai milioni di fans in etá preadolescenziale che sprecano il loro tempo ed i loro neuroni dietro ad un fuoco fatuon che forse é giá finito senza che nemmeno me ne rendessi conto. A milioni di dollari spesi dietro al niente, a quel nulla che avanza e che tanto mi ricorda le parole di Michael Ende.

E spero, con tutto il cuore, anima e cervello che il grido al cielo di Neil Young possa essere ancora ascoltato.
E ringrazio mio zio per avermelo fatto ascoltare ancora prima che capissi di essere al mondo.

 

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